Lo stipendio da parlamentare lo dava ai poveri. «Ho già quello da insegnante, a che mi serve?». La giustizia sociale e la promozione umana sono i binari lungo cui è corsa la vita del Servo di Dio Giuseppe Berti (1899-1979), per tutti “il Professore”.
Tel0523.385243 - Parrocchia di S. AnnaIndirizzoVia Scalabrini 83, 29121 Piacenza
Non ancora diciottenne combatté nella prima guerra mondiale e durante la seconda militò nella Resistenza sperimentando anche il carcere. Nel ‘48 fu eletto deputato al Parlamento, non abbandonando mai l’insegnamento, sua principale vocazione. Sentì fortemente i problemi del mondo operaio e vi si impegnò con dedizione, attraverso le Acli che contribuì a fondare a Piacenza insieme all’Enaip per l’istruzione professionale. Fu inoltre fondatore e primo presidente della Conferenza di S. Vincenzo della parrocchia di Sant’Anna a Piacenza. Impegnato nell’ Azione Cattolica, dedicò tutta la sua vita e ogni sua risorsa alla realizzazione di un sogno: una società cristiana a servizio dell’uomo e della Chiesa.
Un giovane tra le due guerre
Nacque a Mortara l’8 dicembre 1899 e si trasferì pochi anni dopo a Piacenza, dove frequentò l’Istituto Magistrale. Venne chiamato alle armi durante la Prima Guerra Mondiale, nel ‘17, appena ottenuta la licenza di maestro elementare. Una bomba gli era esplosa accanto, seppellendolo di macerie. «Se ne esco vivo, vivrò solo con l’indispensabile», promise. E così fu. Niente alcol, dolci, frutta, carne per tutta la vita. Presso l’Università Cattolica del S. Cuore di Milano si laureò in materie letterarie nel 1927. Conseguì pure, nel 1936, il diploma in paleografia e archivista presso l’Archivio di Stato di Milano.
Partecipò alla fondazione del Partito Popolare Italiano e si impegnò strenuamente nella difesa della libertà, subendo anche violenze fisiche nel 1923. Durante la seconda guerra mondiale partecipò alla Resistenza nel cremonese, seguendo i suoi giovani arruolati nelle formazioni partigiane. Fu arrestato a Piacenza il 7 dicembre 1944, mentre lasciava la sede della FUCI di via San Giovanni a Piacenza. Fu liberato nella notte fra Natale e Santo Stefano grazie all’intervento di Giuseppe Prati, comandante della Divisione partigiana Val d’Arda: fu scambiato con un sergente della Repubblica Sociale Italiana. Diverrà fondatore e primo presidente dell’Istituto Storico Piacentino della Resistenza.
In Parlamento con il rosario
Promotore della “Conferenza di San Vincenzo” nella sua parrocchia di Sant’Anna, tuttora attiva, donava quasi tutto quel che guadagnava ai poveri. Quando nel ’48 fu eletto tra i deputati della Dc, per l’insediamento a Montecitorio gli amici gli regalarono un cappotto. Ma lui continuava ad andare in giro col solito soprabito logoro. «C’era chi ne aveva più bisogno», sentenziò. Presidente diocesano dell’Azione Cattolica, non concepiva di iniziare la giornata se non con la messa. Il rosario lo recitò pure in Parlamento, per quietare gli animi dopo l’attentato a Togliatti. Furono suoi amici e ammiratori Giorgio La Pira, Carlo Carretto, Luigi Gedda, Raimondo Manzini, Giuseppe Lazzati.
All’origine di ogni sua azione non c’era mera filantropia. Nell’altro vedeva Cristo. Succedeva con i giovani che incontrò a scuola, docente di filosofia al liceo “Manin” di Cremona dal ‘39 al ’70, e all’Enaip, l’ente di formazione delle Acli, associazione di cui divenne presidente regionale. «A stare con i lavoratori il guadagno è incerto, se per guadagno s’intende l’interesse personale – annotava –. È questione di messaggio evangelico accettato col cuore e praticato con fervore cristiano».
Esempio di laico cristiano
Morì il 7 giugno 1979 in seguito alle conseguenze di un investimento da parte di un’auto, avvenuto davanti alla chiesa alla quale si recava per la messa. I funerali sono stati celebrati in Cattedrale, presieduti dall’allora vescovo mons. Enrico Manfredini. “Berti – sottolineò nell’omelia – aveva intuito come i giovani siano la speranza del futuro, e si è dedicato all’educazione dei giovani; e come i lavoratori abbiano un’importanza decisiva nella società civile e nella chiesa oggi, e perciò si è consacrato ai lavoratori; e come nessuna testimonianza cristiana, e nessun annuncio cristiano possano essere credibili se non vengono presentati attraverso una scelta di povertà”.
Il 3 agosto 2017 mons. Gianni Ambrosio, al tempo vescovo di Piacenza-Bobbio, ha firmato e siglato i documenti della conclusione del processo diocesano per la beatificazione del prof. Giuseppe Berti che così ha acquisito il titolo di Servo di Dio.
Pubblicazioni
Giuseppe Berti, a servizio dell’uomo e della Chiesa, di Letizia Capezzali, collana I testimoni della fede, Il Nuovo Giornale, settimanale della diocesi di Piacenza-Bobbio
Lo stipendio da parlamentare lo dava ai poveri. «Ho già quello da insegnante, a che mi serve?». La giustizia sociale e la promozione umana sono i binari lungo cui è corsa la vita del Servo di Dio Giuseppe Berti (1899-1979), per tutti “il Professore”.
Tel0523.385243 - Parrocchia di S. AnnaIndirizzoVia Scalabrini 83, 29121 Piacenza
Non ancora diciottenne combatté nella prima guerra mondiale e durante la seconda militò nella Resistenza sperimentando anche il carcere. Nel ‘48 fu eletto deputato al Parlamento, non abbandonando mai l’insegnamento, sua principale vocazione. Sentì fortemente i problemi del mondo operaio e vi si impegnò con dedizione, attraverso le Acli che contribuì a fondare a Piacenza insieme all’Enaip per l’istruzione professionale. Fu inoltre fondatore e primo presidente della Conferenza di S. Vincenzo della parrocchia di Sant’Anna a Piacenza. Impegnato nell’ Azione Cattolica, dedicò tutta la sua vita e ogni sua risorsa alla realizzazione di un sogno: una società cristiana a servizio dell’uomo e della Chiesa.
Un giovane tra le due guerre
Nacque a Mortara l’8 dicembre 1899 e si trasferì pochi anni dopo a Piacenza, dove frequentò l’Istituto Magistrale. Venne chiamato alle armi durante la Prima Guerra Mondiale, nel ‘17, appena ottenuta la licenza di maestro elementare. Una bomba gli era esplosa accanto, seppellendolo di macerie. «Se ne esco vivo, vivrò solo con l’indispensabile», promise. E così fu. Niente alcol, dolci, frutta, carne per tutta la vita. Presso l’Università Cattolica del S. Cuore di Milano si laureò in materie letterarie nel 1927. Conseguì pure, nel 1936, il diploma in paleografia e archivista presso l’Archivio di Stato di Milano.
Partecipò alla fondazione del Partito Popolare Italiano e si impegnò strenuamente nella difesa della libertà, subendo anche violenze fisiche nel 1923. Durante la seconda guerra mondiale partecipò alla Resistenza nel cremonese, seguendo i suoi giovani arruolati nelle formazioni partigiane. Fu arrestato a Piacenza il 7 dicembre 1944, mentre lasciava la sede della FUCI di via San Giovanni a Piacenza. Fu liberato nella notte fra Natale e Santo Stefano grazie all’intervento di Giuseppe Prati, comandante della Divisione partigiana Val d’Arda: fu scambiato con un sergente della Repubblica Sociale Italiana. Diverrà fondatore e primo presidente dell’Istituto Storico Piacentino della Resistenza.
In Parlamento con il rosario
Promotore della “Conferenza di San Vincenzo” nella sua parrocchia di Sant’Anna, tuttora attiva, donava quasi tutto quel che guadagnava ai poveri. Quando nel ’48 fu eletto tra i deputati della Dc, per l’insediamento a Montecitorio gli amici gli regalarono un cappotto. Ma lui continuava ad andare in giro col solito soprabito logoro. «C’era chi ne aveva più bisogno», sentenziò. Presidente diocesano dell’Azione Cattolica, non concepiva di iniziare la giornata se non con la messa. Il rosario lo recitò pure in Parlamento, per quietare gli animi dopo l’attentato a Togliatti. Furono suoi amici e ammiratori Giorgio La Pira, Carlo Carretto, Luigi Gedda, Raimondo Manzini, Giuseppe Lazzati.
All’origine di ogni sua azione non c’era mera filantropia. Nell’altro vedeva Cristo. Succedeva con i giovani che incontrò a scuola, docente di filosofia al liceo “Manin” di Cremona dal ‘39 al ’70, e all’Enaip, l’ente di formazione delle Acli, associazione di cui divenne presidente regionale. «A stare con i lavoratori il guadagno è incerto, se per guadagno s’intende l’interesse personale – annotava –. È questione di messaggio evangelico accettato col cuore e praticato con fervore cristiano».
Esempio di laico cristiano
Morì il 7 giugno 1979 in seguito alle conseguenze di un investimento da parte di un’auto, avvenuto davanti alla chiesa alla quale si recava per la messa. I funerali sono stati celebrati in Cattedrale, presieduti dall’allora vescovo mons. Enrico Manfredini. “Berti – sottolineò nell’omelia – aveva intuito come i giovani siano la speranza del futuro, e si è dedicato all’educazione dei giovani; e come i lavoratori abbiano un’importanza decisiva nella società civile e nella chiesa oggi, e perciò si è consacrato ai lavoratori; e come nessuna testimonianza cristiana, e nessun annuncio cristiano possano essere credibili se non vengono presentati attraverso una scelta di povertà”.
Il 3 agosto 2017 mons. Gianni Ambrosio, al tempo vescovo di Piacenza-Bobbio, ha firmato e siglato i documenti della conclusione del processo diocesano per la beatificazione del prof. Giuseppe Berti che così ha acquisito il titolo di Servo di Dio.
Pubblicazioni
Giuseppe Berti, a servizio dell’uomo e della Chiesa, di Letizia Capezzali, collana I testimoni della fede, Il Nuovo Giornale, settimanale della diocesi di Piacenza-Bobbio